Vita vissuta: diventare un Clinical Research Associate
Autore: Claire Ivey (CRA)
Le sperimentazioni cliniche mi sono sempre sembrate più importanti per la vita di tutti i giorni rispetto alla ricerca di base. Non ho mai avuto un piano di carriera, quindi ho sempre odiato la tipica domanda dei colloqui “dove ti vedi tra 10 anni?” . Ho amato profondamente il mio percorso di studi in farmacologia, quindi l’ovvia progressione sembrava essere un dottorato di ricerca e quindi una posizione post-dottorato. Il mio primo postdoc è stato negli Stati Uniti, ma non mi piaceva.
Il mio capo era una signora estremamente brillante ed entusiasta e ho iniziato a rendermi conto che non mi sarei mai entusiasmata per la scienza come lei. Così ha iniziato a balenarmi l’idea che potevo non essere abbastanza brava da intraprendere una carriera nella ricerca accademica. Inoltre mentre guardavo la gente che lottava per ottenere finanziamenti, mi sono molto scoraggiata nei confronti dell’intero sistema.
Sebbene i miei primi pensieri sull’abbandonare o meno la ricerca di base stavano ormai emergendo, mi convinsi che era una sensazione legata solo al lavoro che stavo facendo in quel momento. Sono quindi tornata nel Regno Unito e dopo un secondo postdoc, mi sono subito resa conto che i miei precedenti dubbi non riguardavano solo le esperienze svolte negli Stati Uniti, ma che era decisamente il momento di cambiare carriera.
Diversi amici erano entrati nel mondo della ricerca clinica, così ho iniziato a esplorare quest’opzione. Ho avuto una lunga chiacchierata in particolare con una mia amica, che era stata un associato di ricerca clinica (CRA) per un’importante azienda farmaceutica per un paio d’anni e sembrava molto felice. Mi ha dato un ottimo opuscolo, contenente molte informazioni su come vengono condotti gli studi clinici e cosa fa un CRA.
Un CRA passa molto tempo a visitare i centri sperimentali che eseguono trial clinici per assicurarsi che tutto sia fatto correttamente, che i pazienti non vengano compromessi e che i dati raccolti siano accurati. Un CRA può lavorare sia per un’azienda farmaceutica che per un’organizzazione di ricerca a contratto (CRO). In quest’ultimo caso si tratta di un’organizzazione assunta dalle aziende per esternalizzare i compiti legati ai loro studi clinici.
Analizzando ciò che preferivo fare ho concluso che per me le sperimentazioni cliniche sembravano molto più interessanti e importanti per la vita di tutti i giorni rispetto alla ricerca di base. Mi è anche piaciuta l’idea di tornare ad avere a che fare in qualche modo con le cose che avevo studiato durante il mio corso di laurea. Ma soprattutto ciò che più mi ha attratto del settore è stata l’opportunità di costruire una carriera.
Conoscevo persone che erano entrate nella ricerca clinica alcuni anni prima e che avevano avuto avanzamenti di carriera importanti, arrivando ad assumere posizioni di rilievo nella gestione degli studi clinici anche in tempi ragionevolmente rapidi. La mia idea era quindi che se avessi lasciato la ricerca, l’avrei voluto fare per passare a qualcosa che mi offrisse molte prospettive di carriera per il futuro.
Chiaramente avevo dei dubbi. Sapevo che quel tipo di lavoro avrebbe comportato molti viaggi, così come il fatto di guidare, che non mi è mai piaciuto! Ho anche pensato che i CRA dovessero essere piuttosto estroversi e dovessero sopportare parecchi litigi con i medici! Ma, anche se non era il lavoro dei miei sogni, comunque per me era abbastanza da provare a fare il salto.
Il mio CV aveva bisogno di revisioni, perché molto orientato verso i lavori di ricerca, così la mia amica mi ha aiutata ancora una volta, suggerendomi di mettere in evidenza capacità come la risoluzione di problemi, abilità interpersonali e la capacità di lavorare come parte di una squadra pur essendo indipendente, cosa che facevo ogni giorno ma che non avevo mai veramente pensato di dover evidenziare. Fino ad allora avevo sempre pensato che la mia esperienza di laboratorio e le mie pubblicazioni parlassero da sole, ma è davvero importante sottolineare tutti i punti di forza e sapersi vendere – anche se può sembrare difficile dirlo senza che sembri un cliché – perché la competizione per questi lavori è enorme.
Qualsiasi esperienza clinica, per quanto limitata, dovrebbe essere sfruttata per evidenziare tutto ciò che è stato possibile imparare. Molte aziende, ad esempio, preferiscono avere degli infermieri per il ruoli di CRA proprio in virtù della loro esperienza clinica.
Quindi, con il mio curriculum revisionato, ho iniziato a candidarmi per alcuni posti di lavoro. Mi sono subito resa conto che una transizione verso la ricerca clinica non sarebbe stata facile. Tutti gli annunci richiedevano persone con esperienza, ma come fai ad ottenere esperienza se nessuno ti considera? Un’agenzia mi disse che il mio dottorato era privo di significato, qualcun altro che ero troppo qualificata e che avrei trovato il lavoro molto noioso. È stato molto demoralizzante, ma credo ancora che l’esperienza di laboratorio sia un ottimo background per lavorare negli studi clinici. Ti insegna a pensare, a collaborare con i colleghi e ad avere fiducia nelle tue azioni.
Candidarsi per un lavoro dopo l’altro è stato molto frustrante: sapevo di poter svolgere bene quel tipo di lavoro, ma nessuno mi dava una possibilità!
Infine, dopo 5 mesi, ho avuto il mio primo vero colloquio, che in realtà non è andato molto bene, ma mi ha permesso di avere una bella chiacchierata con uno dei recruiter mentre aspettavo il taxi per tornare a casa. Mi ha dato dei consigli preziosi e mi ha detto che è molto utile comunicare nella lettera di presentazione di avere una buona conoscenza di ciò che il lavoro comporta e di come le proprie capacità possono adattarsi alle competenze richieste. Mi ha anche consigliato di personalizzare la mia cover letter in modo da renderla specifica per ogni tipo di annuncio, così da dimostrare di averlo letto attentamente e di avere un reale interesse nella candidatura. Un altro suggerimento è stato quello di stampare il CV e la lettera su carta spessa e di buona qualità, in modo da farla risaltare in una pila!
Per il colloquio successivo, un paio di mesi più tardi, ho approfondito gli argomenti riguardanti i principali compiti svolti da un CRA. Ho imparato vari termini chiave come GCP (good clinical practice) o SDV (source data verification). Lì per lì ne conoscevo del tutto il significato, ma potevo inserirli in una frase se necessario! Qualunque cosa abbia fatto, deve aver funzionato perché alla fine ho ottenuto il lavoro e sono diventata una CRA da oltre un anno.
Ho dovuto imparare tantissime cose molto in fretta ed è stato difficile cominciare da zero. Come in ogni lavoro, ci sono gli aspetti positivi e quelli negativi. Ci sono molti viaggi da affrontare che a volte mi fanno stancare un po’, ma le mie capacità di guida sono migliorate!
Attualmente trascorrere così tanto tempo con i medici mi piace davvero e nessuno mi ha mai urlato contro! Il lavoro quotidiano a volte può sembrare banale, ma l’esperienza che sto acquisendo e la perseveranza presto mi permetteranno anche di crescere professionalmente. A volte mi manca il laboratorio, ma poi sento i miei amici parlare di disoccupazione e incertezza per il futuro, e la nostalgia mi passa!
Fonte: https://cra-school.com/testimonials-becoming-a-cra-by-claire-yvey-science-april-2002/
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