Missione CRA – Corso in Ricerca Clinica

In questo articolo ho voluto riportarvi la testimonianza molto interessante di Luca e Monia, due brillanti corsisti, marito e moglie, del Missione CRA Summer Camp 2016. Ho avuto modo di incontrarli a Milano e ho potuto fare loro delle domande che potranno aiutarti a capire come muoverti in questo settore con la speranza che possa succedere anche a te dopo aver seguito il Missione CRA!

Luca e Monia, come Domenico (leggi la sua storia qui), sono due post doc ed ora lavorano entrambi per una TOP CRO internazionale.

NB: il Summer Camp è l’edizione estiva del Missione CRA. E’ la versione più completa in assoluto, che prevede anche 4 ore di coaching in inglese sulla comunicazione, oltre alla revisione del CV e Lettera di Motivazione e al cibo rigorosamente pugliese! 🙂

Vedi qui la diretta facebook oppure leggi l’articolo in basso:

Cosa è successo da quando avete frequentato il Summer Camp nel 2016 ad oggi?

Monia: Io ho iniziato il Summer Camp spinta da mio marito, venivo da un percorso accademico e da una carriera universitaria. Dopo la laurea ho fatto un dottorato, sono stata negli Stati Uniti, sono rientrata e mi stavo specializzando. Lavoravo in laboratorio ma c’erano i soliti nei di quest’attività, i classici problemi con le borse di studio e le insoddisfazioni per gli stipendi. A un certo punto Luca ha contattato Stefano e anche se abbastanza scettica abbiamo deciso di partecipare al corso. Già dal primo giorno ho cominciato ad appassionarmi, scrissi il mio obiettivo ponendo come scadenza la fine del mio contratto: il 30 dicembre. E posso dirvi che ho ottenuto il mio primo colloquio telefonico per l’azienda per cui ancora oggi lavoro il 29 dicembre! Le aspettative sono state ripagate e il mondo che Stefano ci aveva illustrato ci ha accolto, all’inizio con alcune problematiche ma poi è stato tutto molto interessante. Attualmente sono ancora in quell’azienda, posso dire che dal corso all’assunzione sono passati circa due mesi di contatti e invii di curriculum.

Luca: Posso confermare quello che ha detto Monia. Sul corso penso che abbia ampiamente descritto quello che è stato l’aiuto di Stefano. È un grande motivatore, io non ci credevo all’inizio, soprattutto quando dopo il corso ho iniziato a inviare curriculum e o non ricevevo risposte o mi veniva detto che servivano persone con esperienza. Bisogna però continuare a provare e contattare quante più persone possibile. Stefano in questo mi ha seguito molto ed è riuscito a tirare fuori il mio lato propositivo. Le difficoltà ci sono, ci saranno tanti no, ma non bisogna abbattersi, se si è determinati si riesce a raggiungere il proprio obiettivo. Anche io come mia moglie avevo un’esperienza accademica, istituti di ricerca ed esperienza all’estero. Abbiamo scelto Milano come città per trasferirci e alla fine siamo stati assunti nella stessa azienda. Monia è stata assunta a gennaio e io a marzo. Un consiglio è di ascoltare Stefano il più possibile! Soprattutto nell’impostazione del curriculum e del profilo Linkedin. Io posso dire che prima del corso provavo a mandare il mio curriculum ma quell’impostazione, quel sapersi vendere non ce l’avevo.

Com’è andato l’iter di selezione?

Monia: per quanto riguarda l’azienda che mi ha assunta, io vi posso dire che avevo mandato il curriculum come CRA trainee per una posizione aperta. Mi contattarono dicendo che la figura di CRA trainee doveva avere o una laura conseguita da un anno o un dottorato conseguito da un anno e io il dottorato l’avevo conseguito sei anni prima e la laurea dieci. Io risposi quindi dicendo che sembrava un gatto che si mordeva la coda, visto che per le posizioni normali era richiesta esperienza e per quelle senza esperienza era richiesto anche questo. Forse la mia risposta non convenzionale colpì la recruiter che propose di inserire il mio curriculum nella loro piattaforma interna per eventuali altre posizioni. Fui contattata infatti per una posizione di CTA. Il primo colloquio è stato telefonico in lingua inglese, con domande generali sul tipo di studi, sul motivo per cui volevo cambiare carriera, su quali fossero le mie prospettive, una serie di domande per capire quanto fossi interessata alla ricerca clinica. Dopo qualche giorno mi telefonò da Milano quella che sarebbe stata la mia Line Manager, che voleva fare “quattro chiacchiere” prima di farmi partire per Milano per un colloquio. Fu una telefonata di più di mezz’ora e il colloquio fu quasi “demotivazionale” per via del mio curriculum e dei miei titoli, vista la posizione per cui ero candidata, una posizione per cui tecnicamente non è richiesta nemmeno una laurea. Dissi però che ero fortemente interessata a fare qualsiasi cosa pur di cambiare carriera e che ero sicura di volermi trasferire. Alla fine andai a Milano, parlammo di persona ma mi aveva già scelta, quindi discutemmo direttamente la situazione contrattuale.

Il primo contratto che ho avuto è stato un contratto di un anno, ora sono ancora CTA, per voglia e per scelta per adesso e ho avuto un’estensione di contratto. Le funzioni del CTA prevedono di avere ancora a che fare con la parte ospedaliera, con lo study coordinator, col P.I., col CRA. Quindi diciamo che è la persona che vede la maggior parte di uno studio clinico, maneggiandone anche la maggior parte dei documenti ha secondo me una cognizione totale di quella che è una sperimentazione dal primo all’ultimo step, perché ci occupiamo di SIV, di COV, mandiamo noi il materiale. Quindi in maniera scherzosa mi definisco la badante del CRA. Il tipo di lavoro dipende molto dalle aziende, tendenzialmente è molto d’ufficio, si può definire “burocratico” relativamente, perché i documenti si riferiscono sempre a una sperimentazione clinica. Però ho fatto anche assistenza con un CRA per chiudere dei centri in una COV, oppure nella nostra azienda in caso di audit il CTA è previsto che accompagni il CRA e il QA. Ci si allontana anche dall’ufficio quindi. Il CTA comunque non viaggia molto generalmente. Io ho iniziato il corso pensando di voler fare il CRA, adesso vedendo la quantità di viaggi, non avendo vent’anni e volendo creare una famiglia, preferisco fare il CTA.

In che modo il Missione CRA ti ha aiutato a superare il corso?

Monia: due parti fondamentali del corso mi hanno aiutato. La sessione di coaching in inglese, che mi ha aiutato con la parte telefonica, perché essendo stata negli Stati Uniti ero terrorizzata di non capire bene gli accenti al telefono. Invece durante il corso la trainer ci ha spiegato cosa dire e come dirlo, ci ha aiutato a capire quali cose dire senza danneggiarci da soli. Ed è stato fondamentale anche il coaching di Stefano, che ci ha fatto capire cosa è importante far emergere durante i colloqui, quindi la positività, la voglia di affrontare questo tipo di lavoro, le difficoltà e la capacità di problem solving.

Luca: voi adesso avete una panoramica di quello che è il lavoro del CRA. Questo corso vi aiuterà a capire come porvi in un colloquio in maniera diversa rispetto ai colloqui che avete sostenuto fino ad ora. Avrete una visione globale di quello che è il mondo delle CRO e di quella che è la figura del CRA. Questa panoramica vi aiuta ad affrontare il colloquio, perché le domande su questi argomenti possono capitare.

Tu Luca di cosa ti occupi?

Luca: Il mio ruolo è diverso da quello del CRA o del CTA, viene definito RSU che sta per “Regolatorio e Start Up”. È un lavoro molto amministrativo, mi occupo delle sottomissioni degli studi clinici, quindi della fase di Start Up di ufficio. Quindi contatti con AIFA, con tutto il mondo regolatorio, comitati etici, ma anche con i P.I., con le aziende. Perché nell’azienda per cui lavoriamo noi questa figura si occupa anche della negoziazione dei contratti, che è il primo step per far partire il trial in Italia. Quindi il contratto che si va a stipulare tra l’azienda ospedaliera e lo sponsor. Ora ho avuto anche la certificazione come CRA, ecco perché l’importante è entrare, poi in azienda si capiscono bene i ruoli e si capisce bene quello che uno vuole fare. Io ho spinto molto per avere la certificazione e lavorare come CRA. È stata importante l’esperienza fatta nel regolatorio, perché vedendolo poi dal punto di vista pratico nelle dieci visite che vi verranno richieste per la certificazione, ti rendi conto dei documenti che trovi al centro. Il Clinical Start Up Associate è uno dei lavori più frequenti per chi non ha esperienza.

In quanto tempo hai fatto le visite accompagnate?

Luca: in due settimane! Se un’azienda vuole farvi avere la certificazione non ci vuole molto tempo. Ho viaggiato per due settimane ogni giorno, ma nel lavoro quotidiano il CRA non viaggia così tanto. Si passa anche il tempo in ufficio per preparare le visite successive e i report da sottomettere. Comunque lo step duro da superare è entrare in azienda, dopo si può crescere tranquillamente.

Dal punto di vista del CV dopo il Summer camp a quanto si è ridotto il vostro CV?

Luca: Due pagine! Dovete cercare di dare subito a chi lo legge l’idea di cosa volete fare e mettere in evidenza le esperienze reali che avete fatto e che vi servono per fare quello che volete fare. Io prima non avevo nessuna risposta, dopo il Missione CRA, ho ricevuto chiamate di risposta tutti i giorni. Alcune non portavano a niente, ma almeno inizi a prendere i contatti che possono tornarti utili dopo. Questo mondo sembra grande ma è molto piccolo, le persone te le ritrovi il giorno dopo in azienda. La persona che ti trovi al reclutamento finisci per ritrovarle in azienda.  Un’altra figura da non sottovalutare è lo Study coordinator. Anche alla luce del nuovo Regolamento Europeo, adesso molti centri si stanno accreditando per la Fase 1, molti centri in Italia oggi li richiedono. I CRA se ne rendono conto di cosa vuol dire lavorare con un bravo study coordinator.

Monia: Io appena finito il corso ho chiesto al mio professore di iniziare a fare la study coordinator da lui, visto che faceva un po’ di ricerca clinica. Volevo toccare con mano il lavoro. Quindi quando poi ho avuto la proposta in azienda ho informato una mia collega del corso che io andavo via e il professore cercava. Così ci siamo per così dire scambiate e lei ha iniziato come study coordinator al mio posto col mio professore. Per questioni familiari si è spostata poi a Milano, è entrata all’Istituto Nazionale Tumori per altri motivi, ha iniziato a far girare il curriculum e ora lavora lì come study coordinator.

Luca: Anche per il P.I. è molto importante avere un bravo study coordinator per essere selezionato dalle CRO per il trial, perché i P.I. sono molto impegnati e il grosso del lavoro lo fanno gli study coordinator e i Sub Investigator.

Monia: Per chi ha una mentalità “universitaria” consiglio di cancellarla completamente, sia i lati positivi che quelli negativi.

Qual è la cosa del mondo accademico che odiavi e che qui non trovi più?

Monia: Il modo con cui vieni trattato, l’approccio. Io ho lavorato in ospedale per tanto tempo oltre che in università. All’università c’è il professore “barone” che ti farà sempre sentire inferiore, per cui ti trovi ad inseguire titoli ma a non raggiungere mai quel livello, anche se sei la persona più capace. Nel mondo ospedaliero ci sono altre problematiche, persone che spuntano da tutti i lati senza capacità che ti passano avanti. In azienda c’è un rapporto faccia a faccia con i tuoi capi, se devi dire una cosa ci si può parlare senza troppi problemi.

Voi siete entrambi Postdoc?

Monia: io oltre al dottorato ho anche una specializzazione.

Luca: io mi sono fermato al PhD.

Che differenza c’è tra il regolatorio in un’azienda farmaceutica e quello in una CRO?

Il regolatorio della farmaceutiche è diverso dalle CRO. Il primo si occupa più che altro di tutte le fasi che portano all’AIC, che parte già durante lo studio clinico. In Italia la maggior parte dei trial sono di fase 2 e 3. Già dalla fase 2 alla fase 3 l’azienda farmaceutica inizia a chiedere l’AIC all’EMA. Dopo dovrà affrontare uno step con l’autorità regolatoria italiana, ma questo è successivo. Siccome l’EMA ci mette 300 giorni più o meno e la fase 3 durerà un annetto, l’azienda si premunisce e parte col dossier da presentare all’EMA già all’inizio della fase 3. Perché è sicura che il farmaco confermerà le aspettative. Tutta questa fase la segue il regolatorio delle aziende farmaceutiche. Il regolatorio delle CRO si occupa proprio dello Start Up dello studio. Perché quando uno studio parte in ogni Paese si deve sottomettere il dossier che riguarda il farmaco, il protocollo di studio, tutto deve essere sottomesso ad AIFA. Di questo si occupa lo Start Up e il regolatorio delle CRO. Va tutto sottomesso parallelamente ad AIFA, ai comitati etici, se di fase 1 anche all’ISS. Tutta questa fase è di contatto tra lo sponsor e la CRO. Per cui lo sponsor deve fornire tutto il materiale, che poi verrà sottomesso, si farà un pacchettino e si sottometterà in parallelo a tutti. È un lavoro molto amministrativo.

Com’è come lavoro alla fine?

Luca: Fatto su pochi studi è interessante perché puoi studiare il protocollo, hai un contatto diretto con l’azienda farmaceutica. È un lavoro che io all’inizio non avevo proprio considerato ma poi mi è piaciuto. Poi io che ho sempre avuto un background scientifico il mio pallino era fare il CRA. L’ho fatto con piacere e ne ho apprezzato la bellezza facendo le visite di monitoraggio. Io ho avuto la fortuna di fare le visite di affiancamento su uno studio che avevo seguito da un punto di vista regolatorio, per cui mi sono trovato dei documenti che io stesso avevo sottomesso con le approvazioni ricevute dai vari comitati e da AIFA. È un lavoro da prendere in considerazione.

Com’è la vostra giornata tipo?

La nostra azienda è molto flessibile, non abbiamo cartellino, non timbriamo. Abbiamo un orario di ingresso flessibile tra le 8 e le 10. Abbiamo 8 ore obbligatorie con un’ora di pausa pranzo. Quindi è un orario gestibile. Abbiamo anche il benefit di lavorare da casa. Con gli orari c’è flessibilità.

Un’altra cosa positiva sono stati i benefit come la tredicesima e la quattordicesima, i premi di produzione. Sono cose che ti fanno sentire apprezzata e valutata. La nostra azienda fa una valutazione annuale, a seconda di come hai gestito il lavoro ti premia. Nelle grandi aziende la motivazione di chi lavora è la prima cosa. Se sei soddisfatto produci, se sei insoddisfatto no. E per loro è business. In più così facendo cercano di non perdere le risorse valide.

Per cercare lavoro consigliate di mantenervi sul generico o di essere specifici? Visto che l’importante sarebbe entrare, fare gavetta e cercare di arrivare dove si vuole arrivare.

Luca: la prima cosa è studiare il profilo dell’azienda per cui si fa l’application, valutare le skills richieste e cercare di evidenziarle nel curriculum. Non si può fare un’application generica per due o più posizioni. Sul profilo Linkedin si può essere generici spiegando che stai cercando un’opportunità in ricerca clinica. Usa parole chiave e usate l’inglese.

Qual è stato lo scoglio più grande nel passare dal settore accademico all’azienda?

Non abbiamo avuto uno scoglio così grande, perché sicuramente per il tipo di lavoro non avevamo l’esperienza, ma se hai affrontato per anni l’attività accademica, quindi le pressioni, il dover portare a termine una cosa, si può stare tranquilli. Perché il corso ti dà già delle indicazioni, l’azienda ti dà le basi, se sei una persona che vuole fare quello da sola riesci anche a leggere delle cose che vuoi per te stessa. All’interno dell’azienda le cose man mano le impari e nella nostra azienda io ho trovato dei Senior eccezionali, che hanno sempre investito del tempo nella formazioni di noi neoarrivati. Quello scoglio quindi no, forse a volte la sensazione di non essere capace come ti sentivi prima, perché non hai quell’esperienza che ti fa sentire padrona. Però è una cosa che gestisci e che soprattutto l’azienda sa. Tante volte ci hanno detto di chiedere sempre aiuto. Il tramandarsi del know how è un valore aggiunto per l’azienda. Una persona più è formata più per loro è utile.

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Qui potrai trovare anche altri videocorsi gratuiti sul ruolo del CRA, su quello del Clinical Study Start Up Associate  (sarebbe il ruolo svolto da Luca), sui ruoli da entry level nel mondo della ricerca clinica e molti altri corsi che potranno esserti utili per ampliare le tue conoscenze in questo settore.

Vita vissuta: diventare un Clinical Research Associate

Vita vissuta: diventare un Clinical Research Associate

Autore: Claire Ivey (CRA)

Le sperimentazioni cliniche mi sono sempre sembrate più importanti per la vita di tutti i giorni rispetto alla ricerca di base. Non ho mai avuto un piano di carriera, quindi ho sempre odiato la tipica domanda dei colloqui “dove ti vedi tra 10 anni?” . Ho amato profondamente il mio percorso di studi in farmacologia, quindi l’ovvia progressione sembrava essere un dottorato di ricerca e quindi una posizione post-dottorato. Il mio primo postdoc è stato negli Stati Uniti, ma non mi piaceva.

Il mio capo era una signora estremamente brillante ed entusiasta e ho iniziato a rendermi conto che non mi sarei mai entusiasmata per la scienza come lei. Così ha iniziato a balenarmi l’idea che potevo non essere abbastanza brava da intraprendere una carriera nella ricerca accademica. Inoltre mentre guardavo la gente che lottava per ottenere finanziamenti, mi sono molto scoraggiata nei confronti dell’intero sistema.

Sebbene i miei primi pensieri sull’abbandonare o meno la ricerca di base stavano ormai emergendo, mi convinsi che era una sensazione legata solo al lavoro che stavo facendo in quel momento. Sono quindi tornata nel Regno Unito e dopo un secondo postdoc, mi sono subito resa conto che i miei precedenti dubbi non riguardavano solo le esperienze svolte negli Stati Uniti, ma che era decisamente il momento di cambiare carriera.

Diversi amici erano entrati nel mondo della ricerca clinica, così ho iniziato a esplorare quest’opzione. Ho avuto una lunga chiacchierata in particolare con una mia amica, che era stata un associato di ricerca clinica (CRA) per un’importante azienda farmaceutica per un paio d’anni e sembrava molto felice. Mi ha dato un ottimo opuscolo, contenente molte informazioni su come vengono condotti gli studi clinici e cosa fa un CRA.

Un CRA passa molto tempo a visitare i centri sperimentali che eseguono trial clinici per assicurarsi che tutto sia fatto correttamente, che i pazienti non vengano compromessi e che i dati raccolti siano accurati. Un CRA può lavorare sia per un’azienda farmaceutica che per un’organizzazione di ricerca a contratto (CRO). In quest’ultimo caso si tratta di un’organizzazione assunta dalle aziende per esternalizzare i compiti legati ai loro studi clinici.

Analizzando ciò che preferivo fare ho concluso che per me le sperimentazioni cliniche sembravano molto più interessanti e importanti per la vita di tutti i giorni rispetto alla ricerca di base. Mi è anche piaciuta l’idea di tornare ad avere a che fare in qualche modo con le cose che avevo studiato durante il mio corso di laurea. Ma soprattutto ciò che più mi ha attratto del settore è stata l’opportunità di costruire una carriera.

Conoscevo persone che erano entrate nella ricerca clinica alcuni anni prima e che avevano avuto avanzamenti di carriera importanti, arrivando ad assumere posizioni di rilievo nella gestione degli studi clinici anche in tempi ragionevolmente rapidi. La mia idea era quindi che se avessi lasciato la ricerca, l’avrei voluto fare per passare a qualcosa che mi offrisse molte prospettive di carriera per il futuro.

Chiaramente avevo dei dubbi. Sapevo che quel tipo di lavoro avrebbe comportato molti viaggi, così come il fatto di guidare, che non mi è mai piaciuto! Ho anche pensato che i CRA dovessero essere piuttosto estroversi e dovessero sopportare parecchi litigi con i medici! Ma, anche se non era il lavoro dei miei sogni, comunque per me era abbastanza da provare a fare il salto.

Il mio CV aveva bisogno di revisioni, perché molto orientato verso i lavori di ricerca, così la mia amica mi ha aiutata ancora una volta, suggerendomi di mettere in evidenza capacità come la risoluzione di problemi, abilità interpersonali e la capacità di lavorare come parte di una squadra pur essendo indipendente, cosa che facevo ogni giorno ma che non avevo mai veramente pensato di dover evidenziare. Fino ad allora avevo sempre pensato che la mia esperienza di laboratorio e le mie pubblicazioni parlassero da sole, ma è davvero importante sottolineare tutti i punti di forza e sapersi vendere – anche se può sembrare difficile dirlo senza che sembri un cliché – perché la competizione per questi lavori è enorme.

Qualsiasi esperienza clinica, per quanto limitata, dovrebbe essere sfruttata per evidenziare tutto ciò che è stato possibile imparare. Molte aziende, ad esempio, preferiscono avere degli infermieri per il ruoli di CRA proprio in virtù della loro esperienza clinica.

Quindi, con il mio curriculum revisionato, ho iniziato a candidarmi per alcuni posti di lavoro. Mi sono subito resa conto che una transizione verso la ricerca clinica non sarebbe stata facile. Tutti gli annunci richiedevano persone con esperienza, ma come fai ad ottenere esperienza se nessuno ti considera? Un’agenzia mi disse che il mio dottorato era privo di significato, qualcun altro che ero troppo qualificata e che avrei trovato il lavoro molto noioso. È stato molto demoralizzante, ma credo ancora che l’esperienza di laboratorio sia un ottimo background per lavorare negli studi clinici. Ti insegna a pensare, a collaborare con i colleghi e ad avere fiducia nelle tue azioni.

Candidarsi per un lavoro dopo l’altro è stato molto frustrante: sapevo di poter svolgere bene quel tipo di lavoro, ma nessuno mi dava una possibilità!

Infine, dopo 5 mesi, ho avuto il mio primo vero colloquio, che in realtà non è andato molto bene, ma mi ha permesso di avere una bella chiacchierata con uno dei recruiter mentre aspettavo il taxi per tornare a casa. Mi ha dato dei consigli preziosi e mi ha detto che è molto utile comunicare nella lettera di presentazione di avere una buona conoscenza di ciò che il lavoro comporta e di come le proprie capacità possono adattarsi alle competenze richieste. Mi ha anche consigliato di personalizzare la mia cover letter in modo da renderla specifica per ogni tipo di annuncio, così da dimostrare di averlo letto attentamente e di avere un reale interesse nella candidatura. Un altro suggerimento è stato quello di stampare il CV e la lettera su carta spessa e di buona qualità, in modo da farla risaltare in una pila!

Per il colloquio successivo, un paio di mesi più tardi, ho approfondito gli argomenti riguardanti i principali compiti svolti da un CRA. Ho imparato vari termini chiave come GCP (good clinical practice) o SDV (source data verification). Lì per lì ne conoscevo del tutto il significato, ma potevo inserirli in una frase se necessario! Qualunque cosa abbia fatto, deve aver funzionato perché alla fine ho ottenuto il lavoro e sono diventata una CRA da oltre un anno.

Ho dovuto imparare tantissime cose molto in fretta ed è stato difficile cominciare da zero. Come in ogni lavoro, ci sono gli aspetti positivi e quelli negativi. Ci sono molti viaggi da affrontare che a volte mi fanno stancare un po’, ma le mie capacità di guida sono migliorate!

Attualmente trascorrere così tanto tempo con i medici mi piace davvero e nessuno mi ha mai urlato contro! Il lavoro quotidiano a volte può sembrare banale, ma l’esperienza che sto acquisendo e la perseveranza presto mi permetteranno anche di crescere professionalmente. A volte mi manca il laboratorio, ma poi sento i miei amici parlare di disoccupazione e incertezza per il futuro, e la nostalgia mi passa!

Fonte: https://cra-school.com/testimonials-becoming-a-cra-by-claire-yvey-science-april-2002/

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