Se ho un dottorato di ricerca ho più o meno possibilità di intraprendere una carriera nella ricerca clinica?

Una delle domande che spesso mi viene posta è la seguente: “se ho un dottorato di ricerca ho più o meno possibilità di intraprendere una carriera nella ricerca clinica?”. Questa domanda rappresenta forse uno dei maggiori dubbi di chi si iscrive al mio corso di alta formazione in ricerca clinica “Missione CRA” o di chi vuole intraprendere la carriera del CRA.
Personalmente, possiedo un dottorato di ricerca e nel mio caso posso affermare che conseguire questo titolo è stato utile per intraprendere la mia carriera in ricerca clinica. Tuttavia, ho avuto la fortuna di poter svolgere un dottorato proprio nel settore della ricerca clinica. Si tratta di un caso molto raro, visto che la maggior parte dei dottorati sono incentrati sulla ricerca preclinica. Il dottorato in questione era presso l’Università di Pisa in collaborazione con l’ISBEM, istituto di ricerca no profit con sede a Mesagne (BR), dove ormai da anni tengo la lezione di apertura del Summer Camp.
Grazie a questa esperienza ho avuto modo di capire come funziona uno studio clinico. Questo è stato apprezzato dai selezionatori di ICON, che al termine del mio dottorato mi hanno assunto come CRA.
Per tutti gli altri casi, posso confermare che l’aver conseguito un dottorato di ricerca non fa differenza nell’avviare una carriera nel settore della ricerca clinica.
Quando ti presenterai ad un’azienda, il recruiter si concentrerà su altri aspetti: la tua motivazione, la tua voglia di metterti in gioco, la tua proattività e la tua determinazione. Se tu non possiedi ancora esperienza in ricerca clinica, il selezionatore si concentrerà maggiormente sulle tue “soft skill” per capire se vale la pena investire su di te.
D’altro canto, questo non significa che se tu hai svolto il dottorato di ricerca hai perso tempo. Ricordati: tutto ciò che fa parte del tuo background contribuisce a renderti ciò che sei e ti dà un valore aggiunto. L’importante è che riesci a metterlo in risalto sia nel CV sia durante il colloquio. Al recruiter non interesserà che tu sei esperto nella PCR o in altre tecniche d’analisi molecolare. Bensì sarà più interessato a capire quali soft skill hai acquisito durante le tue precedenti esperienze, in modo che tu possa trasferirle ed applicarle anche nella ricerca clinica.
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